Thursday, October 18, 2007
Come Sheherazade di Giulia Alberico

Tesse parole per incantarlo, divenendo Sheherazade solo per lui, cantandogli le mille e una storia che hanno corniciato e riempito la loro passione. Questo è l’amore tra Giuditta e Luca, due amanti che recitano i “coniugi” entro le mura della villa di Sabaudia.
Gli aveva parlato tanto e le parole trovavano sempre la via per accendergli la mente e la fantasia, spesso per accompagnarlo nel sonno.
Bastava poco per far ardere la lingua; un nome, un episodio o un profumo erano sufficienti indizi per dipingere la vita altrui, inventandone il quotidiano e ritardando la propria fine. Gli aveva anche intonato la storia di un uomo e una donna e Luca, riscontrandosi nel protagonista, aveva richiesto “Fammi sparire, fammi morire se serve”.
Poche parole avrebbero potuto essere una rivelazione per Giuditta, l’io-narrante di “come Sheherazade” di Giulia Alberico. Mozzicone di dialogo che premedita l’ ”ausencia” di lui nell’intimo di un amore che si denuderà unilaterale.
Il giardino di Villa Miani fu complice del loro incontro; presentazioni e discorsi leggeri durante una serata mondana. Lontana dal matrimonio con Federico, vissuto a distanza, Giuditta conduce, a suo stesso giudizio, una vita normale “come tante”, giornate infernali da quando ricevette una promozione. Luca arrivò da lei “come arrivano certi temporali ad Agosto”. Improvvisi e violenti. Non ebbe nemmeno la possibilità di riflettere e pensare che quell’invito avrebbe potuto cambiarle la vita, solo apparentemente in meglio, per poi trascinarla all’inferno. Imperioso e impaziente, “caterpillar” per la sua attitudine di scomparire e di ricomparire; si vantava di averle ridato quel tocco di vita sfiorito, il tempo per soffermarsi e andare senza affanno, il tempo per comprare un paio di calze e di gustare un film. La sua stessa storia con Luca è un film. “Lungo, denso, pieno. In tre tempi”. Lei sa come stuzzicare la sua fantasia, cosa celare per non disturbare la sua viltà non tollerante di sofferenza e di ombra di dolore negli occhi di chi gli sta vicino.
Ha inizio così un’unione di estrema libertà, di ardimento, di passione; contestualizzata da soggiorni nella villa di Sabaudia e viaggi quali Procida, “Lisboa la prediletta” resa bellissima dal despota De Carvalho così come il pigmalione Luca rese vitale la sua eccellente scolaretta Giuditta. “Lui fu il vento che spazzò l’ordine inodore della sua vita”.
E l’amore di fronte alle tre suonatrici di liuto sulla grande tela risultava essere passionale e pieno di ardimento.
Tuttavia, improvvisamente, tutto muta e si stravolge, Luca “nega” a Giuditta quella sensazione che somiglia alla felicità. Leggermente si scopre quel velo di mistero intorno alla vita di una persona. Inviti rimandati, viaggi celati, nomi sconosciuti e domande che si infittiscono.
Repentinamente Giuditta comprende che la sua terza vita con Luca comincia ad essere un po’ stretta e traballante, che Luca dichiarava “amore come un intercalare” e che si trovava “di fronte a un quadro che svela un ripensamento”.
Cacciata dal Regno perduto, la villa di Sabaudia, Sheherazade rende il lettore, fruitore della storia nella sua interezza, divulgandosi per pagine esprimendo il dolore prima e la conseguente solitudine.
Comincia a conservare reliquie e a trattenere ogni ridicola traccia infinitesimale del suo corpo, toccava i suoi ricordi durante la notte come un’ossessa per poi finalmente decidersi a venderli al mercatino per pochi spicci. Si autoconvinceva che l’uomo amante dell’assenza di Neruda amasse solo lei e ciò la spingeva a stare al suo brutto gioco, poi ad odiarlo in modo forsennato e poi di colpo a non riuscirci più.
“Se Luca non fosse arrivato a Giuditta, lei sarebbe stata orfana della vita che le aveva dato. Ed era inimmaginabile”.
Un anno dopo Luca riappare con una semplice chiamata e con le più banali delle domande “già fatte”, pronto per aprire a Sheherazade le porte del Regno perduto e farsi di nuovo fruitore delle mille e una storia di fronte alla tre suonatrici dipinte sulla tela.
“Come Sheherazade” si avvale di una scrittura semplice, molto emotiva e di getto. Rende bene i sentimenti, la passione, l’ “oscenità dell’odio” rimarcando molto su taluni concetti.
Esprime quello che è l’amore quando sfocia nel dolore, nella crudeltà, nella follia.
Esalta quello che è il donarsi completamente all’altro quando ciò significa anche cedere all’indecenza.
Il tutto sfocia nel dramma dal quale “La donna guerriera senza il suo amore emerge e sa cosa fare”…anche se ruvidamente.


 
posted by emyb at 12:02 AM | Permalink |


3 Comments:


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